L’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, durante lo scorso mese di giugno ha pubblicato la “Digital Chart“, stabilendo una serie di regole predisposte per blogger, “YouTuber”, influencer ed altre persone più o meno note che pubblicano contenuti pubblicitari su siti web e social media. L’IAP, in questa maniera sta tentando di regolamentare il mondo della pubblicità online, che nell’ultimo periodo ha avuto una crescita degli investimenti pubblicitari, passando dal 3% del 2007 al 26.6% raggiunto del 2015. Il filo rosso che lega queste norme è la regolamentazione basata sul concetto di distinzione tra messaggio informativo o ludico e quello prettamente pubblicitario.
La serie di norme sfornate dall’Istituto di Autodisciplina abbraccia molti settori del mondo internet, sin qui privi di alcuna forma di regolamentazione. Vediamo nel dettaglio alcuni esempi di disciplina proposte dall’IAP nella “Digital Chart”:
La pubblicità dei blogger
Il Codice di Autodisciplina prevede che nei blog molto attivi, ma anche nei siti dei quotidiani online, ci sia una distinzione rimarcata tra i contenuti del blog e quelli pubblicitari, in modo tale da non confondersi tra loro. In questo caso stiamo parlando di blog molto attivi e che hanno stipulato importanti accordi commerciali di sponsorizzazione.
Capitolo social network
Come ha confermato anche Il Fatto Alimentare, anche sui social c’è il rischio di non riconoscere un messaggio pubblicitario dai contenuti a causa di alcuni widgets che li “camuffano” e li rendono molto simili ai post non commerciali. Facebook per esempio ha introdotto delle diciture tipo “contenuto sponsorizzato” per permettere agli utenti social di distinguere le due categorie di cui ti abbiamo parlato. Molti inserzionisti, infine, usano richiamare il nome del brand con il tag “@” oppure categorizzare direttamente i propri contenuti con “#”.
Google è un capitolo a parte
Il motore di ricerca più noto al mondo merita qualche menzione a parte. Su “Big G” i contenuti pubblicitari si riescono a riconoscere grazie alla presenza della dicitura “Annuncio” oppure perché le voci sono separate dai risultati della ricerca organica da una chiara e netta linea orizzontale.
Pubblicità dai personaggi famosi
Una nuova forma di pubblicità che sta crescendo a braccetto con la crescita esponenziale di social network e tecnologie dell’informazione è sicuramente la promozione di un prodotto o servizio da parte di un personaggio noto, o comunque capace di influenzare un buon numero di internauti. Uno dei casi più famosi di questo fenomeno di endorsement sono i cosiddetti “foodblogger” come la nota Cristina Maci. Questi “smanettoni” del web solitamente hanno diverse attività, come per esempio nel campo alimentare e diventano il “veicolo” perfetto per le sponsorizzazioni di ristoranti e attività commerciali correlate. Inoltre, molto spesso i loro blog diventano delle attività b2c vere e proprie, seguendo la stessa dinamica di sviluppo che avviene per un video di YouTube che sbarca in TV o al cinema. La necessità di avere una norma che richiama alla distinzione di un messaggio normale da uno pubblicitario, sta proprio nel fatto che i consumatori il più delle volte scambiano una inserzione per un consiglio. Il pubblicitario, in realtà, apprezza molto questa evenienza perché i consigli sono percepiti come meno aggressivi dai navigatori del web rispetto alla solita réclame. Le nuove norme stabiliscono che quando un vip esprime un’opinione su un determinato prodotto perché ha firmato un contratto di sponsorizzazione lo deve dichiarare in modo netto e chiaro.
Pubblicità anche su YouTube
Un esempio concreto di pubblicità discussa è sicuramente quello legato al caso di alcuni famosi YouTuber che hanno realizzato degli spot sui propri canali sfruttando gli elementi della brand indentity di alcuni famosi marchi. Per evitare future controversie si è adottata la soluzione di inserire all’inizio del video il logo dell’azienda pubblicizzata.
Anche creando discussioni e liti si può fare pubblicità
La promozione di un determinato marchio non avviene solo con immagini, video e testi, ma anche tramite discussioni tra utenti che ad una prima occhiata potrebbero sembrare spontanee. A dire il vero non è così! Si chiamano “user generated content” ma non possiamo svelarvi tutti i trucchi del mestiere…
Prima di concludere, ricordiamo solamente che da quando è stata approvata la “Digital Chart” l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria non ha riscontrato gravi infrazioni, anche se qualche caso ha destato più di qualche sospetto.